Botta e risposta con Michele Rimpici, Cantina Urbana – Milano
Urban design e vino: la sorpresa di trovare una cantina vinicola, con area adibita alla vinificazione del vino, con tanto di botti di legno, torchi per la pigiatura dell’uva e quanto altro occorre, al centro della metropoli milanese.
Un’idea strategica fortemente innovativa, questa di Cantina Urbana, che ha conquistato l’attenzione di intenditori del vino e non, facendo vivere loro un’esperienza enologica nella città più connessa d’Italia.
Una scelta che rispecchia perfettamente il principio del marketing: quella di far incontrare nel modo più diretto e semplice possibile la domanda con l’offerta.
La percentuale di wine lovers aumenta di anno in anno, questo ce lo confermano tutte le statistiche, ma non si può dire lo stesso per la facilità di raggiungere le cantine sparse per il Bel Paese.
Dare modo agli appassionati di vivere un’esperienza in cantina semplicemente girando l’angolo è come abbattere ogni distanza geografica, condividendo con un pubblico sempre più ampio un’esperienza enologia completa, avvicinando tutti ad un mondo visto, spesso, come troppo chiuso e lontano.
“Facciamo il vino in città”, è il pay-off scelto da Michele Rimpici, Ceo di Cantina Urbana, che ha così racchiuso in una semplice frase tutta l’essenza della sua azienda. È con lui che abbiamo fatto due chiacchiere sul suo progetto, cercando di metterne a fuoco i principali ingredienti del suo successo.
“L’idea di Cantina Urbana è nata circa 5 anni fa, dal desiderio di produrre dei vini dopo tanti anni di consulenza e ricerca”, comincia a raccontare, mettendoci a parte della nascita del progetto.
Come definiresti il plus-valore di Cantina Urbana in 5 parole?
Local, sostenibile, semplice, fresco, conveniente.
Una cantina in una città sempre connessa: una sfida o un’opportunità?
Un’opportunità, il nostro “local-market” è la città. E noi siamo fisicamente già dentro.
Parliamo di wine-lovers: dove e cosa cercano oggi gli appassionati di vino?
Wine-lovers è una parola che non mi ha mai affascinato. Il mondo del vino è cosi ampio e variegato che è aperto a tutti, senza etichette o dogmi. Poi, come in tutti i settori, esistono le nicchie di appassionati. Sono loro a scegliersi quello che preferiscono.
Si sente dire spesso che la gente vuole sentirsi parte integrante di un brand di cantina vinicola. Sei d’accordo?
Credo che la gente cerchi sicurezza e valori in un brand, che sia di vino o altro. In Italia ci sono troppe cantine vinicole doc, docg… c’è troppa scelta. I brand sono più di territorio o vitigno che di proprietà.
Vista la tua esperienza decennale in cantine vinicole italiane ed estere, ti chiedo: come vedi il momento che il settore vinicolo sta vivendo?
Un po’ confuso. Vendere vino è tanto difficile quanto produrlo. I costi sono alti e i tempi lunghi. Se non c’è una visione imprenditoriale diventa difficile affrontare il mercato e la competizione. Oggi tutti parlano di digitale, ma senza strategia non serve a nulla. Questo vale per tutti i canali di vendita e marketing, anche per quelli più tradizionali.
Per finire, un tuo consiglio per i colleghi vignerons?
Non credo abbiano bisogno dei miei consigli, ma posso dire che il nostro mondo è affascinante ed unico. Ma è altrettanto difficile e competitivo. Servono budget, know-how e una buona dose di pazienza.